Gentile Cliente,
il Governo è pronto per dare il via alla fase 2, quella della graduale riapertura, a partire dal prossimo 4 maggio.
Cosa dovranno fare aziende, uffici, hotel, ristoranti, negozi, imprese di costruzione, produttive e manifatturiere per rendere i propri ambienti luoghi di sicuri quando finirà il lockdown?
Il 24 aprile 2020 è stato approvato il nuovo protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavoro, integrando e migliorando quanto già precedentemente stabilito.
E’ necessario adottare misure specifiche per rendere i luoghi di lavoro sicuri:
e ancora altre misure riguardanti l’organizzazione aziendale.
Noi della THEATRE SERVICE SRL, attraverso i nostri consulenti, anche in questa emergenza abbiamo lavorato per trovare soluzioni adeguate alla situazione anche con l'ausilio di nuovi partners. Siamo a disposizione per assicurare un servizio di disinfezione e sanificazione rapido ed efficiente per coloro che sono attivi o che riapriranno dopo il 4 maggio, e resteremo al tuo fianco per ogni esigenza al fine di permettere il graduale ritorno di tutti i lavoratori alle loro attività, assicurandone la necessaria protezione.
In merito ai costi il Governo nei suoi vari decreti ha stabilito un credito di imposta del 50% per le spese di sanificazione fino ad un importo di 20 mila euro proprio per stimolare questa attività fondamentale per la ripresa.
Restiamo a tua completa disposizione per qualsiasi ulteriore informazione o chiarimento, infoline: 0985/777861 – cell.338/8009050 - email:This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
Il Consiglio dei ministri ha approvato il 23 febbraio un decreto legge con le misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019.
In relazione alla inattesa diffusione del nuovo coronavirus sul territorio italiano, il Consiglio dei ministri ha approvato il 23 febbraio un decreto-legge recante “Misure urgenti in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-2019”.
Ricordiamo che con COVID-2019 o COVID-19 si intende la malattia provocata dal nuovo coronavirus.
Il decreto interviene nell’attuale situazione di emergenza sanitaria internazionale allo scopo di prevenire e contrastare l’ulteriore trasmissione del virus e prevede, tra l’altro, che nei comuni o nelle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un’area già interessata dal contagio, le autorità competenti sono tenute ad adottare ogni misura di contenimento adeguata e proporzionata all’evolversi della situazione epidemiologica.
Fonte: Governo Italiano - Presidenza del Consiglio dei Ministri.
1° maggio il presidente Mattarella: "Sicurezza sul lavoro è tema di civiltà e impegno da non trascurare"
Alcune delle domande e risposte sull’uso in sicurezza delle piattaforme di lavoro elevabili (PLE).
Sì. Per questa tipologia di attrezzatura di lavoro, ai sensi dell’art 73, comma 5, del D.Lgs. n. 81/2008 (cd “Testo Unico sulla sicurezza del lavoro”), è richiesta una specifica abilitazione degli operatori. Le modalità, le ore ed i contenuti della formazione sono regolamentati dall’ Accordo Stato Regioni del 22 febbraio 2012.
Il conseguimento della specifica abilitazione è necessario anche nel caso di utilizzo saltuario od occasionale delle attrezzature di lavoro individuate nel citato Accordo.
La specifica abilitazione non è invece necessaria nel caso in cui non si configuri alcuna attività lavorativa connessa all’utilizzo dell’attrezzatura di lavoro. Rientrano tra dette attività le operazioni di semplice spostamento a vuoto dell’attrezzatura di lavoro, la manutenzione ordinaria o straordinaria, ecc.. (punto 2 della Circolare Min. lavoro, circ. 11 marzo 2013, n. 12).
Sì. Il citato decreto legislativo n. 81/2008, con l’articolo 73, prevede tra gli obblighi del datore di lavoro che i lavoratori incaricati dell’uso delle attrezzature di lavoro dispongano di ogni necessaria informazione e ricevano una formazione e un addestramento adeguati sia riguardo alle condizioni di impiego che alle situazioni “anormali prevedibili” quali, ad esempio, l’arresto imprevisto della macchina per guasto o mancanza di energia o malore dell’operatore.
Da qui la necessità di formare ed addestrare il personale presente nel sito di utilizzo della PLE affinché possa intervenire con la necessaria tempestività e competenza da terra e possa eseguire correttamente le procedure per la discesa di emergenza della piattaforma di lavoro previste dal fabbricante in caso di necessità.
Inoltre, è l’utilizzo di una PLE deve prevedere anche la redazione del piano di emergenza che individua le procedure specifiche per il recupero degli operatori presenti in piattaforma. La gestione delle emergenze è in capo al datore di lavoro e prevede precisi obblighi quali 1) programmazione degli interventi; istruzioni sulle modalità di intervento in caso di pericolo grave e immediato che non possa essere evitato; 3) formazione in materia di primo soccorso; informazione per l’attivazione dei servizi di emergenza.
È responsabilità del datore di lavoro valutare i rischi presenti durante le lavorazioni, individuare idonei dispositivi di protezione individuale e fornirli ai lavoratori; questo in estrema sintesi quanto prescritto dall’articolo 77 (Obblighi del datore di lavoro) del D.Lgs. n. 81/2008. In aggiunta, il citato decreto dispone che sui ponti sviluppabili e simili gli “operai addetti devono fare uso di idonea cintura di sicurezza” (punto 4.1 Allegato VI).
È, dunque, obbligatorio indossare su tutte le piattaforme di lavoro mobili elevabili, che la legislazione italiana definisce “ponti sviluppabili”, un idoneo sistema di protezione dalle cadute.
E’ da rilevare che nel libro di uso e manutenzione, fornito a corredo della macchine spesso è esplicitato il divieto di utilizzo per lo sbarco in quota. In questo caso, il sistema di protezione dalle cadute deve essere tale da impedire del tutto la caduta dall’alto, cioè deve utilizzare cordini di posizionamento o di trattenuta. Gli elementi che compongono il sistema sono esplicitati, per esempio, nella pubblicazione INAIL sull’ "Uso della piattaforma di lavoro mobile in elevato (PLE)”.
L’utilizzo della PLE, secondo la citata pubblicazione, richiede l’utilizzo anche dei seguenti DPI: elmetto di protezione per l’industria EN 397 dotato di sottogola; calzature per uso professionale EN 346 e guanti di protezione EN 388.
Altri dispositivi di protezione individuale possono essere necessari a seconda delle lavorazioni eseguite o dell’ambiente di lavoro, ad esempio guanti, occhiali, otoprotettori etc.
Chiunque venda, noleggi o conceda in uso o locazione finanziaria macchine, apparecchi già immessi sul mercato usati e privi di marcatura CE deve attestare, sotto la propria responsabilità, che gli stessi siano conformi, al momento della consegna, alla legislazione previgente nonché il buono stato di conservazione, manutenzione ed efficienza ai fini della sicurezza (art. 72, comma 1, D.lgs. n. 81/2008).
Inoltre, chiunque noleggi o conceda in uso la PLE, senza operatore, al momento della cessione, oltre ad attestarne il buono stato di conservazione, manutenzione ed efficienza a fini di sicurezza, deve farsi rilasciare una dichiarazione del datore di lavoro che riporti l’indicazione del lavoratore o lavoratori incaricati del loro uso, i quali devono risultare formati conformemente del loro uso e in possesso di specifica abilitazione (art. 72, comma 2, D.lgs. n. 81/2008).
Si distinguono due tipologie di noleggio: 1) noleggio a caldo (con operatore); 2) noleggio a freddo (senza operatore). Con il primo viene locato il solo macchinario; con il secondo oltre al macchinario, il locatore mette a disposizione dell'imprenditore anche un proprio dipendente con una specifica competenza nel suo utilizzo. (cfr. Cassazione Penale, Sez. 4, sentenza n. 23604 del 5 giugno 2009)
In questo caso è indispensabile l’addestramento per l’uso delle cinture di sicurezza ovvero quei DPI che, ai sensi del decreto legislativo 4 dicembre 1992, n. 475, appartengono alla terza categoria.
Fermo restando gli obblighi del datore di lavoro di cui all’articolo 71, comma 11, del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i., per le attrezzature cedute allo stesso a titolo di noleggio senza operatore o concesse in uso, la richiesta di verifica periodica può essere inoltrata dal noleggiatore o dal concedente in uso, anche in considerazione della previsione di cui all’articolo 23, comma 1, del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. oltre che nell’ottica della semplificazione delle procedure (punto 3 della Circolare Min. lavoro, circ. 13 agosto 2012, n. 23).
Secondo quanto definito dal Testo Unico sulla Sicurezza del lavoro (D.Lgs. 81/2008 e s.m.i., artt. 83 e 117), è fatto obbligo al datore di lavoro di provvedere affinché i lavori svolti in vicinanza di parti attive (che di solito sono lavori non elettrici) non siano eseguiti a distanze inferiori ai limiti di cui alla Tabella 1 dell’Allegato IX al Testo Unico, salvo disposizioni organizzative e procedurali idonee a proteggere i lavoratori dai conseguenti rischi.
Spesso in aree di cantiere o in alcune situazioni lavorative si sono riscontrati infortuni mortali o gravi conseguenti al contatto o all’avvicinamento di attrezzature di lavoro o di macchine utensili a linee aeree. Con la pubblicazione del D.Lgs. 81/2008 e della norma CEI 11-27, IV Edizione, e con il recepimento della norma EN 50110-1:2013, sono a disposizione dei datori di lavoro tutte le disposizioni legislative e normative da mettere in atto per prevenire il rischio di simili infortuni.
In aggiunta, in tale campo, l'INAIL ha elaborato un documento con lo scopo di presentare:
(Lavori in prossimità di linee elettriche aeree - Valutazione del rischio e misure di prevenzione INAIL 2016)
Il punto 3.1.4 dell’Allegato VI “Disposizioni concernenti l’uso delle attrezzature di lavoro” del D.lgs. n.81/2008 prescrive che il sollevamento di persone è permesso soltanto con attrezzature di lavoro e accessori previsti a tal fine. Tuttavia il citato punto prevede l’utilizzo “a titolo eccezionale” di attrezzature utilizzate per il sollevamento di persone non previste a tal fine a condizione che si siano prese adeguate misure in materia di sicurezza, conformemente a disposizioni di buona tecnica che prevedono il controllo appropriato dei mezzi impiegati e la registrazione di tale controllo.
Al riguardo il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con la Circolare 10 febbraio 2011, n. 3326 ha reso noto le indicazioni della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, che, nella seduta del 19 gennaio 2011, ha approvato un parere sul concetto di «eccezionalità». La disposizione trova applicazione nei seguenti casi:
Pertanto, le operazioni di sollevamento persone con attrezzature non specificamente previste, unicamente nei casi indicati, vanno effettuate secondo specifiche procedure di sicurezza che comprendano a valle di una analisi dei rischi, i criteri per la scelta più appropriata delle attrezzature da impiegare, i requisiti delle apparecchiature accessorie da abbinare ad essi, le modalità operative per le varie fasi di lavoro in cui i sistemi così realizzati sono utilizzati nonché quelle per la sorveglianza ed il controllo delle une e delle altre.
Quando la formazione generale viene eseguita su un particolare modello di attrezzatura e l’operatore utilizza altri modelli di PLE non inclusi nel pacchetto formativo iniziale, l'operatore stesso e altre persone sono a rischio senza una familiarizzazione aggiuntiva. La familiarizzazione è un’attività finalizzata a fornire informazioni sulle funzioni di comando e controllo e dei dispositivi di sicurezza secondo le istruzioni del fabbricante di una specifica attrezzatura che viene consegnata a una persona qualificata o un operatore formato per il comando e controllo di tutti i movimenti dell’attrezzatura fornita. Una persona qualificata, secondo la norma UNI ISO 18878:2011, deve far familiarizzare l’operatore con quanto segue prima che possa essere autorizzato a far funzionare un particolare tipo o modello di PLE:
Fonte: www.puntosicuro.it
Novità in questa versione:
Ecco il link per scaricare il decreto aggiornato
http://www.data-storage.it/download/2019/Dlgs_81-Ed-Aprile-2019.pdf
Dal 19 aprile 2018 fino alle ore 18.00 del 31 maggio 2018, è disponibile sul sito dell’INAIL nella sezione “accedi ai servizi online” l'applicazione informatica per la compilazione della domanda relativa al bando Isi 2017.
L’Agenzia delle Entrate nel Comunicato del 14 febbraio 2017 ha fissato i termini e le modalità per l’invio delle domande per accedere al credito d’imposta relativo alle spese sostenute nell’annualità 2016 per impianti di videosorveglianza, allarme e vigilanza.
Ricordiamo, infatti, che la legge di Stabilità 2016 (all’art. 1 comma 982) aveva previsto un credito di imposta per i sistemi di videosorveglianza digitale, i cui criteri per il funzionamento sono stati poi definiti con un decreto del Ministro dell’economia e delle finanze.
Il credito d’imposta viene riconosciuto nel caso vengano soddisfatti i seguenti requisiti:
Il credito deve essere indicato nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta 2016 e può essere utilizzato in compensazione presentando il modello F24 esclusivamente tramite i servizi telematici dell’Agenzia delle Entrate.
Dal 20 febbraio al 20 marzo 2017, i contribuenti potranno inviare le domande di accesso al credito d’imposta per le spese sostenute per sistemi di videosorveglianza digitale, sistemi di allarme, sistemi di vigilanza.
Per poter fruire dell’agevolazione è sufficiente inviare la richiesta telematicamente attraverso il sito dell’Agenzia delle Entrate, autonomamente oppure tramite intermediario, con il software “Creditovideosorverglianza”.
Il credito d’imposta è riconosciuto nella misura percentuale che sarà resa nota con provvedimento dell’Agenzia delle entrate da emanarsi entro il 31 marzo 2017, risultante dal rapporto tra l’ammontare delle risorse stanziate e il credito d’imposta complessivamente richiesto.
Fonte: http://biblus.acca.it
Anche quest’anno è stato pubblicato il Bando INAIL ISI a valere per l’anno 2019.
Il nuovo Bando INAIL pubblicato il 20/12/18 mette a disposizione delle imprese 369 milioni di euro (oltre 100 milioni in più rispetto alla scorsa edizione) per interventi che migliorino la salute a la sicurezza dei lavoratori.
Una apposita linea è destinata agli interventi di bonifica dell’amianto.
Tra le novità di quest’anno c’è poi una specifica linea destinata ad interventi di miglioramento della salute e sicurezza nell’ambito dei settori pesca e Tessile-Confezione-Articoli in pelle e calzature (identificati con appositi codici ATECO)
Per informazioni contattaci al N° 0985/777861 o invia un'email all'indirizzo This email address is being protected from spambots. You need JavaScript enabled to view it.
Il D.Lgs. 81/08 ci ha consegnato una definizione della figura di preposto, mancante nella legislazione previgente, nonché un elenco degli obblighi posti a carico di tale soggetto.
Il preposto è ora infatti definito “persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti di poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell’incarico conferitogli, sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa” (art. 2 comma 1 lett. e) D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81).
E’ stata così finalmente colmata una lacuna normativa - che anche il decreto legislativo 626/94 aveva lasciato inalterata - la quale, a partire dai decreti prevenzionali degli anni ’50, aveva fatto sì che fosse lasciato alla giurisprudenza il compito di delineare la figura e i compiti del preposto per la sicurezza sulla base dei principi generali dell’ordinamento prevenzionistico e, in termini normativi, sulla base dell’art. 4 dei D.P.R. 547/55 e 303/56.
In tal modo, pur in mancanza di una definizione legislativa, gli interpreti si erano fino ad oggi ispirati a norme di legge (art. 4 dei D.P.R. 547/1955 e 303/56; art. 1, comma 4-bis [1], artt. 4 e 90 del D.Lgs.626/1994) che facevano riferimento al preposto quale figura che sovrintende al lavoro di altri soggetti da lui coordinati, quindi generalmente un operaio specializzato con funzioni di guida e di controllo quale un capo cantiere, capo squadra, capo turno.
Un soggetto le cui attribuzioni e competenze si distinguono nettamente da quelle del datore di lavoro e del dirigente in quanto non afferenti alla fase di programmazione, predisposizione od organizzazione delle misure preventive o protettive e, di conseguenza, non supportate dai corrispondenti poteri a livello finanziario o di intervento sul processo produttivo complessivamente inteso (salvo nell’ipotesi di conferimento al preposto di idonea delega).
Ciò che compete al preposto, e che emerge anche dall’attuale definizione, è invece il controllo sulle modalità esecutive della prestazione lavorativa da parte dei soggetti da lui coordinati sotto il profilo della salute e sicurezza, attraverso l’esercizio di un certo margine di autonomia e di potere nell’impartire ordini ed istruzioni al personale durante l’esecuzione del lavoro.
Come ci ricorda la Suprema Corte in una recente sentenza, “accanto al datore di lavoro sono menzionati dal decreto i dirigenti ed i preposti, dei quali non si dà una espressa definizione, per cui tali qualità discendono dalla loro posizione assunta all'interno delle singole aziende o enti.
Venendo a considerare la figura dei preposti […], la nozione si ricava dall’articolo 1 comma 4- bis che riprende il concetto contenuto nell’articolo 4 dei Decreti del Presidente della Repubblica 547/55 e 303/56, definendoli come i soggetti che sovraintendono all’espletamento delle attività soggette alla normativa prevenzionale.
Con il termine “sovrintendere”, secondo il concorde orientamento della dottrina e della giurisprudenza, si indica l’attività rivolta alla vigilanza sul lavoro dei dipendenti per garantire che esso si svolga nel rispetto delle regole di sicurezza.
Non spetta al preposto adottare misure di prevenzione, ma fare applicare quelle predisposte da altri, intervenendo con le proprie direttive ad impartire le cautele da osservare.
Con l’articolo 90 del Decreto Legislativo 626/94, così come modificato dal Decreto Legislativo 242/96 è stato ampliato il precetto prevenzionale diretto al preposto [ulteriormente ampliato dal D.Lgs. 81/08, n.d.r.], ma perché possa essere chiamato a risponderne in concreto occorre che utilizzando il criterio guida dell’effettività egli abbia in concreto il potere di intervenire nei compiti precettati, per cui l’area della sua responsabilità viene circoscritta dagli effettivi poteri a lui spettanti, indipendentemente dalle più ampie indicazioni normative” (Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, sentenza 21 aprile 2006, n. 14192).
Come già ricordato, il decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81 ha provveduto anche a fornire un’esplicitazione degli obblighi del preposto, ed in base al comma 7 dell’articolo 37 come modificato dal D.Lgs. 106/09 (cui rinvia la lettera g) dell’articolo 19), che si attende sia ulteriormente specificato ed integrato da un emanando Accordo Stato-Regioni, “i dirigenti e i preposti ricevono a cura del datore di lavoro, un’adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in relazione ai propri compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro. I contenuti della formazione di cui al presente comma comprendono:
a) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi;
b) definizione e individuazione dei fattori di rischio;
c) valutazione dei rischi;
d) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione.”
Operando nella fase del controllo sulla concreta applicazione delle procedure e delle disposizioni impartite al personale, il preposto è dunque il garante della reale funzionalità del sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.
E’ intuitivo, in quest’ottica, che lo svolgimento adeguato di tale ruolo imponga una preparazione specifica in materia di salute e sicurezza, in termini di formazione, informazione ed esperienza professionale, anche alla luce degli obblighi prevenzionali che sono posti a carico del preposto, il cui corretto adempimento in concreto non può prescindere da una forte e radicata consapevolezza del contenuto degli obblighi stessi, delle modalità del loro adempimento e delle corrispondenti responsabilità.
In tal senso, il legislatore ha opportunamente previsto che il preposto debba ricevere una adeguata e specifica formazione, seguita da un aggiornamento periodico, il tutto “in relazione ai propri compiti”.
A tale previsione vanno aggiunte le indicazioni contenute nell’articolo 15 comma 1 lett. o) D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, che inserisce tra le misure generali di tutela l’“informazione e formazione adeguate per dirigenti e i preposti” e nell’articolo 35 comma 2 lett. d) (“riunione periodica”) secondo cui “nel corso della riunione il datore di lavoro sottopone all’esame dei partecipanti […] i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute”.
Stupiva infatti, nella legislazione precedente al D.Lgs. 8 aprile 2008 n. 81, come nel quadro degli obblighi formativi specifici vi fossero da un lato figure prive di obblighi penalmente sanzionati assoggettate a percorsi formativi specifici (ovviamente in virtù della rilevanza indiscutibile del proprio ruolo in materia di salute e sicurezza), a fronte dall’altra parte dei soggetti inseriti nella line aziendale (datore di lavoro, dirigenti, preposti), su cui gravavano (come oggi) obblighi sanzionati ai sensi degli articoli 89 e ss. del D.Lgs. 626/94, per i quali nulla era stato previsto in termini di contenuti formativi.
Sebbene un obbligo del datore di lavoro di formare adeguatamente i preposti fosse, a parere di chi scrive, desumibile da una interpretazione sistematica del D.Lgs.626/94 e delle norme collegate, è però da dirsi che nell’applicazione pratica da parte delle aziende la mancata previsione di un obbligo formativo specifico in tal senso (previsto invece per altri soggetti quali ad esempio gli addetti alle emergenze, i lavoratori esposti a particolari rischi, l’RLS etc.) faceva sì che frequentemente tale adempimento non venisse concretamente attuato, con gravi danni per l’affidabilità del sistema.
Spesso si riscontrava infatti che i preposti non erano a conoscenza degli obblighi – e connesse responsabilità penali - che l’ordinamento giuridico riconduceva loro per la sola circostanza di esplicare di fatto un’attività di supervisione di altri lavoratori, quindi anche in mancanza di un formale atto di individuazione.
Non va infatti dimenticato che ai fini della sussistenza degli obblighi e delle responsabilità in materia di igiene e sicurezza, in applicazione del principio di effettività, ciò che rileva non è tanto la qualifica formalmente posseduta quanto la circostanza che le mansioni, anche del preposto, siano realmente espletate.
A tale principio è stato finalmente dato un riconoscimento normativo mediante il disposto dell’articolo 299 del D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81, in nulla modificato dal D.Lgs. 106/09, che esplicita che la posizione di garanzia relativa a tale soggetto grava altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti al preposto in materia di salute e sicurezza sul lavoro, in linea di perfetta continuità con un orientamento consolidato della Suprema Corte.
Al fine di individuare tale figura “di fatto” vanno pertanto tenuti in considerazione alcuni indici quali la specializzazione, la competenza, l’ambito di discrezionalità, la posizione gerarchica del preposto i quali costituiscono degli indicatori che, di volta in volta, sono atti ad evidenziare l’eventuale responsabilità di questo soggetto.
Quindi “preposto di fatto” è quel soggetto che pur non avendo un ruolo gerarchico di sovrintendenza nei confronti di altri lavoratori, sia solito impartire ordini non venendo sconfessato dai superiori gerarchici; secondo la Cassazione [2] infatti, perché venga riconosciuta questa posizione di preposto di fatto, “occorre sia che quel lavoratore sia solito dare direttive ed impartire ordini sia che quella preposizione di fatto sia nota e, soprattutto riconosciuta, obbedendo alle direttive e agli ordini, dai lavoratori sui quali viene esercitata”.
Si ricordi poi che, come ricordato a più riprese dalla Suprema Corte, la sovrintendenza spetta al preposto come “compito non esclusivo ma sussidiario, spettando anzitutto al datore di lavoro e ai dirigenti” salvo il datore di lavoro “abbia conferito apposita delega a persona tecnicamente all’altezza” [3] laddove consentito (cfr. art. 16 D.Lgs. 9 aprile 2008 n. 81).
Una recente ed interessante sentenza è entrata nel merito del rapporto tra l’obbligo di controllo previsto dall’art. 18 c. 1 lett. f) D.Lgs. 81/08 (che a seguito del D.Lgs. 106/09 è ora anche sanzionato penalmente) a carico del datore di lavoro e dei dirigenti e quello previsto a carico del preposto dall’art. 19 lett. a), precisando quanto segue: “Come ha esattamente affermato l’impugnata sentenza, non è esatta l’affermazione secondo cui, per effetto della entrata in vigore del citato decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, la violazione contestata non preveda più una sanzione penale.
È vero che la lett. f) del primo comma dell’art. 18 del decreto legislativo n. 81 del 2008, che fissa gli obblighi del datore di lavoro e del dirigente, non è contemplata dal successivo art. 55 (nella formulazione precedente al decreto legislativo correttivo del 3 agosto 2009, n. 106), che prevede le corrispondenti sanzioni per datore e dirigenti. Tuttavia deve considerarsi che la violazione dell’obbligo di richiedere l’osservanza, da parte dei lavoratori, delle disposizioni sull'uso dei dispositivi di prevenzione degli infortuni resta comunque sanzionata a carico del preposto, come conseguenza dell'analogo precetto che alla lett. a) dell'art. 19 è fissato, appunto, tra gli obblighi di questa categoria di soggetti.
È infatti proprio chi è deputato, dal datore o dal dirigente, con delega [in questo caso incarico, n.d.r.], formale o anche di fatto, a sorvegliare e vigilare sulle modalità di concreto espletamento dell'attività lavorativa ed a verificare, quindi, che il dipendente si attenga alle disposizioni impartite, a dover rispondere del fatto di non aver vigilato sull'uso da parte dei lavoratori dei prescritti dispositivi di prevenzione.
Sicché per il preposto la violazione dell’obbligo in esame resta sanzionata penalmente dall'art. 56, lett. a), del decreto legislativo n. 81 del 2008, peraltro con pena più lieve rispetto alla lett. b) dell'art. 89 del decreto legislativo n. 626 del 1994.
È possibile però - come è avvenuto nella specie - che il datore di lavoro non deleghi [in termini di incarico, n.d.r.] tale attività di vigilanza ad alcuno preposto.
In tale evenienza questa attività di vigilanza sull'uso dei dispositivi di prevenzione degli infortuni non può che far carico direttamente sul datore di lavoro stesso non potendo farsi discendere dalla mancata delega [meglio: incarico, n.d.r.] ad un preposto l'esonero tout court dall’osservanza di tale norma di prevenzione.
Ne consegue che la condotta omissiva contestata è tuttora sanzionata penalmente a carico del datore nella misura in cui quest’ultimo non abbia delegato [incaricato di, n.d.r.] tale attività di vigilanza ad un preposto e quindi allorché tale attività faccia carico direttamente su lui.” (Cassazione Penale, Sez. III, 3 dicembre 2009 n. 46678.)
Fonte: www.puntosicuro.it
Parliamo dei dati relativi agli incidenti stradali, le cause degli infortuni, con particolare riferimento al trasporto merci su strada.
Più volte abbiamo ricordato come gli incidenti stradali in ambito lavorativo - il 4% di tutti gli infortuni sul lavoro – rappresentino più del 50% delle morti sul lavoro. E secondo altri dati il settore del trasporto merci su strada contribuisce a oltre il 50% dei morti e a oltre il 40% dei feriti per incidenti stradali sul lavoro.
Con riferimento a questi dati è dunque necessario “ Imparare dagli errori”, effettuando un’analisi degli infortuni, soffermandosi ogni tanto anche sulla prevenzione, sui fattori di rischio e sugli infortuni, stradali e non, che sono correlati all’utilizzo di camion e autocarri.
In un intervento a cura di Alessio Bezzi (external expert ISO 39001), si sottolineano infatti alcuni dati relativi al contesto sociale ed economico attuale riguardo in generale all’infortunistica stradale:
Nell’UE nel 2009 circa 35.000 morti;
Sono riportati nell’intervento anche dei dati relativi all’impatto economico, ai costi sociali degli incidenti stradali (perdita capacità produttiva; decessi, infortuni ed invalidità permanente), i costi umani (danno morale, danno biologico), i costi sanitari, i danni materiali, i costi amministrativi e giudiziari. Ad esempio nel 2007 questi costi totali sono stati di 30.400 milioni di euro (2% del PIL).
Secondo una ricerca della Fondazione ANIA almeno nel 76% dei casi di incidente stradale le cause sono da ricondursi a fattori umani, in particolare alla distrazione (46%).
Possiamo riportare qualche spunto per la prevenzione degli infortuni stradali soffermandoci su vari aspetti correlati: condizioni psicofisiche, distrazione, invecchiamento, stanchezza, ergonomia, alcol, …
Ad esempio riguardo alle cause di incidenti si sottolinea che la distrazione e le non corrette capacità visive sono tra le principali cause d’incidente: “il sistema visivo è la ‘porta d’ingresso’ del 90% delle informazioni necessarie alla guida”.
E “la fascia di popolazione con problemi alla vista è in continuo aumento. Secondo alcune stime dell’Istituto Superiore di Sanità, in Italia, oltre 1 milione e seicentomila persone sono affette da gravi patologie oculari”.
In particolare alcune analisi campionarie (CRA - ACNielsen), svolte su un “campione eterogeneo di cittadini italiani”, evidenziano “che dopo i quarant’anni più di sette italiani su dieci, circa il 71,2 per cento, soffrono di almeno un disturbo di tipo visivo come presbiopia, miopia, astigmatismo e ipermetropia. Il problema della vista più diffuso è la presbiopia, colpisce, infatti, il 44,3 per cento degli italiani senza grandi differenze fra uomini e donne”.
E non bisogna dimenticare che l’avanzare dell’età e i problemi correlati all’invecchiamento provocano “alterazioni varie dell’occhio, del cervello e quindi dell’efficienza visiva complessiva, che diminuisce in maniera sensibile soprattutto per quando riguarda la sensibilità al contrasto ed alle basse luci”. In generale “il guidatore in età avanzata soffre maggiormente di un calo della prontezza di captazione dell’immagine più che dell’acuità visiva assoluta”.
La distrazione, “intesa come calo di attenzione alla guida, può essere provocata da vari fattori:
In particolare il "telefono cellulare" viene considerato da vari studi internazionali una tra le cause principali degli incidenti stradali, perché riduce notevolmente l’attenzione del guidatore (fino al 50%).
Vi sono anche casi in cui i fattori di distrazione visiva sono creati dallo stesso guidatore, ad esempio, “appoggiando sul cruscotto fogli ed oggetti che creano dannosi riflessi”.
Inoltre bisogna “evitare assolutamente di appendere davanti agli occhi del guidatore (ad esempio: allo specchietto retrovisore) oggetti di qualsiasi tipo”: il “continuo movimento di questi oggetti è un fattore di distrazione e deconcentrazione troppo spesso sottovalutato”.
Concludiamo ricordando che nell’intervento si sottolinea che il sonno e la stanchezza “sono tra i nemici più pericolosi per chi guida”.
Questi alcuni suggerimenti per prevenirli:
Fonte: www.puntosicuro.it
Pubblicata la norma UNI ISO 45001 per la certificazione dei sistemi di gestione per la salute e sicurezza sul lavoro.
Indicazioni per la valutazione dei rischi secondo il modello delle procedure standardizzate nel comparto della panificazione. Focus sui rischi chimici, sull’esposizione alle polveri di farina, sulle operazioni a maggior rischio e sulla prevenzione.
Nel comparto della panificazione oltre al rischio correlato all’ esposizione alle farine, che può provocare patologie allergiche o respiratorie, ma anche favorire incendi ed esplosioni, ci sono altri rischi correlati all’esposizione ad agenti chimici. Ad esempio in relazione alle attività di pulizia degli ambienti di lavoro e all’inalazione e/o contatto con prodotti pericolosi.
In queste attività ci può essere inalazione e contatto con i prodotti pericolosi utilizzati, ad esempio in riferimento all’uso di detergenti, disinfettanti, disincrostanti, ...
In particolare i disincrostanti sono “prodotti acidi forti (muriatico, fosforico, solforico e formico), quindi pericolosi, da usare con molta attenzione e solo se assolutamente necessario, comunque sempre indossando i DPI”.
Ecco alcune misure di prevenzione e protezione:
Particolare attenzione è da dedicarsi proprio alla valutazione del rischio chimico nel settore, con particolare riferimento all’esposizione a polveri e alle malattie a carico dell’apparato respiratorio determinate dall’inalazione di polveri di farina di frumento e/o additivi aggiunti all’impasto.
Si indica, infatti, che la farina è un prodotto naturale che “contiene varie sostanze che possono causare allergie, sensibilizzazioni respiratorie e, all’aumentare dell’esposizione, asma. I fattori che contribuiscono all’insorgenza delle patologie sono le cattive condizioni igienico-ambientali, la scarsa pulizia degli ambienti e la mancanza di procedure per la gestione del rischio, soprattutto nelle aziende artigianali”.
Si segnala poi che le operazioni a maggior rischio espositivo sono quelle relative al “caricamento delle macchine impastatrici (che nel caso dei forni artigianali viene effettuato manualmente dall’operatore mediante svuotamento dei sacchi di farina all’interno del contenitore), seguite da quelle della preparazione dell’impasto e della pulizia degli ambienti di lavoro. In queste fasi dunque bisogna avere particolare cura nell’applicazione delle misure di prevenzione e protezione atte ad evitare l’inalazione di polveri di farina”.
Queste alcune misure di tutela che “se intraprese riducono il rischio di esposizione da un livello elevato ad uno medio-basso, ciò non esclude la necessità di una valutazione più approfondita per determinare l’entità del rischio”:
Concludiamo riportando alcuni provvedimenti che gli operatori possono adottare per migliorare la prevenzione:
Fonte: www.puntosicuro.it
Questi ultimi anni sono stati caratterizzati da diverse novità normative, europee e nazionali, in materia di tutela della salute nei luoghi di lavoro con esposizione ai campi elettromagnetici (CEM).
Ricordiamo, a questo proposito, la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, a fine giugno del 2013, della Direttiva 2013/35/UE del 26 giugno 2013 sulle disposizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (campi elettromagnetici). Senza dimenticare la successiva pubblicazione di una serie di guide non vincolanti per l'implementazione della direttiva 2013/35/UE elaborate dalla Commissione Europea. Fino ad arrivare in Italia, con il consueto ritardo dei nostri recepimenti, al Decreto legislativo del 01 agosto 2016, n° 159 che apporta modifiche e integrazioni anche alla parte del Decreto Legislativo 81/2008 riguardante la protezione dei lavoratori contro i rischi per la salute e la sicurezza derivanti dall’esposizione ai campi elettromagnetici.
E con tutte queste modifiche normative e buone prassi pubblicate era molto atteso a Bologna, durante l’ultima manifestazione “ Ambiente Lavoro”, il convegno “dBAincontri2016 - Campi Elettromagnetici nei luoghi di lavoro. Legislazione, Valutazione, Tutela” che si è tenuto il 21 ottobre 2016.
In particolare il convegno dBAincontri2016 aveva l’obiettivo di fornire un aggiornamento sulle conseguenze dell’entrata in vigore, dal 2 settembre 2016, proprio del Decreto Legislativo 1 agosto 2016, n. 159 con particolare riferimento alle novità del Capo IV "Protezione dei lavoratori dai rischi di esposizione a campi elettromagnetici" del Titolo VIII "Agenti Fisici" del D.Lgs. 81/2008.
L’iniziativa ha approfondito i temi della protezione dei lavoratori esposti a sorgenti di CEM nei luoghi di lavoro soffermandosi sugli effetti dei CEM per la salute, sull’attività di vigilanza, sull’attuazione di adeguate misure di prevenzione, protezione e bonifica e sugli aspetti operativi della valutazione e della misurazione del rischio.
Ricordando che gli effetti indotti dai campi elettromagnetici vengono distinti tra effetti termici e non termici, nella relazione sono ricordati i limiti per l’esposizione con riferimento ai:
In particolare i limiti si articolano tra:
Si indica poi che l’esito di un accertamento sull’entità dell’esposizione umana al campo elettromagnetico “può essere sempre espresso mediante indici di esposizione che indicano il rispetto del complesso dei limiti applicabili al caso specifico se inferiori a 1 (o 100%) e il loro superamento se superiori a 1 (o 100%)”.
In particolare un indice di esposizione “rappresenta una pesatura della grandezza presa in esame rispetto ai limiti per questa definiti al variare della frequenza e, nei casi più complessi, è calcolato dalla strumentazione di misura. È un valore adimensionale qualunque sia la grandezza valutata e qualunque sia il sistema di limiti adottato”.
E per ogni singola esposizione “vi sono tanti indici quanti sono i set di limiti a questo caso applicabili. Se ne calcolano almeno due:
La relazione indica poi che l’uso degli indici è “imprescindibile per i campi non sinusoidali e quindi multifrequenza, ma conviene ricorrervi anche per i campi sinusoidali (singola frequenza) ed eventualmente anche per quelli statici”. E, in generale, gli indici saranno “determinati come segue:
E si segnala che “per quanto riguarda i campi elettromagnetici pulsati o transitori o in generale l'esposizione simultanea a campi di frequenza diversa, è necessario adottare metodi appropriati di valutazione, misurazione e/o calcolo in grado di analizzare le caratteristiche delle forme d'onda e la natura delle interazioni biologiche”. E nel caso di campi non sinusoidali “la valutazione dell’esposizione si basa sul metodo del picco ponderato (filtraggio nel dominio del tempo)”.
Rimandando ad una lettura integrale delle slide relative all’intervento, che riportano utili immagini e schemi, riportiamo le conclusioni del relatore su parametri, metodologie e strumentazioni nel processo di valutazione del rischio mediante misurazioni.
Riguardo ai parametri il relatore parla di “misurazione dei campi elettrici e magnetici imperturbati e calcolo degli indici di esposizione:
E, infine, riguardo a metodologie e strumentazioni:
Fonte: www.puntosicuro.it
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