Nell’attribuire un codice CER ai materiali di riporto esiste una difficoltà oggettiva ed una decisione soggettiva del produttore.
Va premesso che il 16 febbraio scorso è stato depositato il parere del Consiglio di Stato sullo “Schema di decreto del Presidente della Repubblica concernente la “disciplina semplificata della gestione delle terre e rocce da scavo, ai sensi dell’articolo 8 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164”, che, seppure con richiesta di qualche modifica, ha approvato lo schema di Decreto che va ulteriormente a modificare la definizione di “matrice materiale di riporto”.
La nuova definizione non cambia sostanzialmente la precedente del DM 161/12 che aveva introdotto una definizione di “riporto” molto dettagliata:
“I riporti di cui all’articolo 1 del presente Regolamento si configurano come orizzonti stratigrafici costituiti da materiali di origine antropica, ossia derivanti da attività quali attività di scavo, di demolizione edilizia, etc., che si possono presentare variamente frammisti al suolo e al sottosuolo.
In particolare, i riporti sono per lo più una miscela eterogenea di terreno naturale e di materiali di origine antropica, anche di derivazione edilizio-urbanistica pregressa che, utilizzati nel corso dei secoli per successivi riempimenti e livellamenti del terreno, si sono stratificati e sedimentati nel suolo fino a profondità variabili e che, compattandosi con il terreno naturale, si sono assestati determinando un nuovo orizzonte stratigrafico. I materiali da riporto sono stati impiegati per attività quali rimodellamento morfologico, recupero ambientale, formazione di rilevati e sottofondi stradali, realizzazione di massicciate ferroviarie e aeroportuali, riempimenti e colmate, nonché formazione di terrapieni.
Ai fini del presente regolamento, i materiali di origine antropica che si possono riscontrare nei riporti, qualora frammisti al terreno naturale nella quantità massima del 20%, sono indicativamente identificabili con le seguenti tipologie di materiali: materiali litoidi, pietrisco tolto d’opera, calcestruzzi, laterizi, prodotti ceramici, intonaci.”
In particolare ha mantenuto la quantità massima (20% in peso) dei materiali di origine antropica che possono essere presenti nei materiali di riporto.
Il nuovo schema di decreto contiene in allegato 9 la procedura per la quantificazione dei materiali di origine antropica, che resta un momento fondamentale per valutare la conformità del materiale di riporto comunque difficilmente stimabile in modo oggettivo.